Dolcinisti in quota
“Non ho mai il tempo di sbobinare un ventesimo di quanto accumuli”. Nel rispondere a questa urgenza, Alexandre Vialatte creò un vero e proprio genere, per poi spingerlo sino alla perfezione: la cronaca.
Ne compose a centinaia, soprattutto per “La Montagna”, il grande giornale della regione francese dell’Alvernia; tra il 1952 e il 1971, pubblicò tutte le settimane, parlando in completa libertà di quello che desiderava. La libertà d’ispirazione è del resto l’unico vincolo di questo spirito libero che, da autentico spirito di montagna, si mostra capace di guardare alle cose dell’uomo con la leggerezza e gli occhi nuovi di un escursionista, di un flâneur, di un filosofo. Vialatte, con l’umorismo che lo contraddistingue, ci restituisce il tempo perduto.
LA NUOVA COLLANA DI PREHISTORICA, LEGGERA - ANCHE NEL PREZZO - E RAFFINATA, SI ARRICCHISCE DI UNA TERZA RACCOLTA DI CRONACHE, così da accompagnare al di qua delle Alpi una Francia piena di umorismo, originalissima, singolare, e per i più ancora tutta da scoprire.
La Prima pietra
In queste terre remote, in questo paese perduto, si vive più o meno sempre dentro una leggenda, nell’immagine d’un capitello istoriato con scene ingenue e crudeli…
Pierre Jourde ritorna sugli avvenimenti del 2005 che seguirono la pubblicazione del suo libro Paese perduto (Prehistorica Editore 2019), e che furono al centro della cronaca: il tentativo di linciaggio ad opera di una parte degli abitanti del villaggio di cui l’autore aveva osato raccontare la brutale bellezza. La strenua difesa – a mani nude – della propria famiglia, prima accerchiata poi bersaglio di una sassaiola.
La Prima pietra ripercorre quei fatti violenti proponendo un’appassionante analisi delle loro cause. Ma soprattutto offre la magnifica dimostrazione della potenza della Letteratura, nonché un racconto vibrante d’emozione e d’ammirazione per quelle contrade e quelle genti, che vivono un tempo mitico, lontano da quello delle città.
Berger, il soldato fedele
Fatto prigioniero dai tedeschi nel 1940 e sottoposto a durissime marce forzate, il soldato Berger scivola in un mondo dominato dall’allucinazione. Ma per quest’uomo leale, non c’è peggior assurdità del reale, l’indomani di un esercito sconfitto e disperso, di una patria occupata. La sua follia non è che un rifugio, una forma di fedeltà al passato.
Tratto da una storia drammaticamente vera, in questo romanzo di sconcertante attualità – scritto con la lucidità propria dei visionari – Alexandre Vialatte ci mostra uno dei lati più crudi e meno noti d’ogni conflitto: lo straniamento del reduce di guerra, incolpevole strumento e ignara vittima della Storia.
Questo è il secondo romanzo, dopo Battling il tenebroso pubblicato in Italia da Prehistorica Editore, che gli dedica anche l'intera collana Cronache dalla Montagna.
L’EXPRESS: "Eterno sognatore”
Santo cielo
Quando fu morto, Albert Moindre considerò la sua situazione con perplessità. Non soffriva per le spaventose ferite che avevano quasi istantaneamente causato il suo trapasso. Si sentiva in piena forma e, a dirla tutta, più vispo rispetto a prima dell’incidente. Più leggero, certamente, più… represse l’espressione “in gamba” che gli si proponeva: Albert Moindre aveva cambiato campo lessicale.
Proprio così: l’ora dei verdetti, il romanzo delle grandi rivelazioni è arrivato. Albert Moindre si trova nell’aldilà, dopo essere stato travolto da un camioncino carico di datteri e olive denocciolate; lui invece – si intende – è carico di curiosità… A cosa somiglia del resto il Regno dei cieli? Vi troveremo giustizia? pace? verità? E Dio? Con la sua lingua tagliente e sagace, originalissima e ironica, Chevillard si propone di darci nientemeno che alcune di queste annose questioni!
“CHEVILLARD, O L'ARTE DI SCRIVERE QUASI TUTTO SU QUASI NIENTE”: Le Nouvel Observateur
Di vette inarrivabili e mezzi straordinari
"Non ho mai il tempo di sbobinare un ventesimo di quanto accumuli." Nel rispondere a questa urgenza, Alexandre Vialatte creò un vero e proprio genere, per poi spingerlo sino alla perfezione: la cronaca.
Ne compose a centinaia, soprattutto per "La Montagne", lo storico giornale della regione dell'Alvernia, in pieno Massiccio Centrale; fra il 1952 e il 1971, pubblicò tutte le settimane, parlando in completa libertà di ciò che desiderava.
La libertà di ispirazione è del resto l'unico vincolo di questo spirito libero che, da autentico spirito di montagna, si mostra capace di guardare alle cose dell'uomo con la leggerezza e gli occhi nuovi di un escursionista di un flaneur, di un filosofo. Postfazione inedita di Pierre Jourde
Sigma
Sigma è un’Organizzazione segreta, il cui scopo è quello di controllare e neutralizzare le opere d’arte giudicate sovversive. Dispiegherà tutti i suoi agenti sotto copertura e userà ogni mezzo per mettere le mani sul quadro del pittore Konrad Kessler, ritenuto distrutto ma appena ritrovato.
Prendendo in prestito i codici del romanzo di spionaggio ma non senza una sottile ironia, Julia Deck tratteggia i ritratti a tinte fosche di una ventina di personaggi – in una Svizzera cupa e piovosa –, alle prese con il magnetismo dell’arte figurativa, irresistibile e oscuro oggetto del desiderio.
CRONACHE DALLA MONTAGNA: di lupi, foche e altre cose singolari
"Non ho mai il tempo di sbobinare un ventesimo di quanto accumuli." Nel rispondere a questa urgenza, Alexandre Vialatte creò un vero e proprio genere, per poi spingerlo sino alla perfezione: la cronaca. Ne compose a centinaia, soprattutto per "La Montagne", lo storico giornale della regione dell'Alvernia, in pieno Massiccio Centrale; fra il 1952 e il 1971, pubblicò tutte le settimane, parlando in completa libertà di ciò che desiderava. La libertà di ispirazione è del resto l'unico vincolo di questo spirito libero che, da autentico spirito di montagna, si mostra capace di guardare alle cose dell'uomo con la leggerezza e gli occhi nuovi di un escursionista di un flaneur, di un filosofo. Vialatte, con l'umorismo che lo contraddistingue, ci restituisce il tempo perduto. Nell'insieme poi, queste cronache evocano un vero e proprio sapere enciclopedico ricco di dettagli pittoreschi, notizie curiose, scorci originali di una Francia inedita, per i più ancora tutta da scoprire.
Pierre Jourde: "A metà fra l'ironico e il malinconico, Vialatte elabora l'enciclopedia incongrua d'un utopico sapere universale".
Vite di Coppia
Dall'autore di "Controcorrente" Huysmans, il romanzo-capolavoro del 1881 "Vite di coppia", finalmente disponibile in Italia dal 3 marzo. Il romanzo dei dandy ambientato nella Parigi di fine Ottocento.
Le vicissitudini di due artisti e della loro doppia crisi, creativa e coniugale. Ambientato in una Parigi fremente e vivida come non mai, popolata da dandy, bohémien, borghesi, operai e prostitute; una Parigi evocata con stregonesca potenza letteraria.
Opera con pochi eguali per ricchezza di stile e finezza psicologica, “Vite di coppia” ha suscitato l’ammirazione di grandi scrittori come Zola o, in tempi recenti, Michel Houellebecq che in Sottomissione dedica pagine entusiastiche proprio a questo romanzo, arrivando a dichiarare: “Vite di coppia è, incontestabilmente, un capolavoro”.
Prefazione di Pierre Jourde, già curatore di Huysmans in Francia per le illustri edizioni della Pléiade.
KURTZ
“Le questioni sessuali non mi hanno mai interessato, più di tanto. La stessa parola «sesso» mi infastidisce perché indica sia l’organo sia l’atto e quindi crea confusione. Finora, del resto, la mia vita sessuale si è svolta all’insegna della più assoluta normalità. Certo mi è capitato di frequentare qualche prostituta, ma più per necessità che per curiosità. C’è da dire, infine, che in società lascio volentieri campo libero alle persone carismatiche che ho intorno, preferisco guardare le altrui manovre di seduzione che il più delle volte mi sorprendono per la loro grossolanità. Mi riferisco alla grossolanità del desiderio che rende le frasi allusive e i taciti accordi tra futuri amanti immediatamente osceni.”
Incontrare l’irresistibile Laure ha cambiato tutto nella vita del nostro eroe, essere terribilmente banale che si immaginava condannato a una vita scialba. Se il suo desiderio è assoluto, il suo oggetto è più delicato da raggiungere poiché la signora in questione non ama la precipitazione e invita il suo spasimante a una sublime celebrazione carnale… qualche mese più tardi… giusto il tempo che lui si prepari intellettualmente, ¬fisicamente e sessualmente! Quando, durante i loro rendez-vous preliminari, i due parlano di Kurtz (soprannome del “membro” di questa curiosa associazione), parlano di letteratura, nella fattispecie di Joseph Conrad, la loro comune passione.
Libro dal delirio controllato sulla frustrazione, Kurtz conferma la singolarità di Aubert, autore feticcio di Prehistorica Editore.
L'Ora e l'ombra
L’ho rivista, in seguito, sempre durante alcune serate. Si presentava sempre alla fine quando tutti pensavano di andarsene, oppure passava come una folata giusto all’inizio, mentre io ero appena arrivato. Non sono mai riuscito a vivere esattamente alla sua stessa ora, come se le nostre esistenze si svolgessero in due tempi diversi. Era sempre troppo tardi, o troppo presto.
Saint-Savin… Pour quest’uomo che srotola il filo dei propri ricordi, il nome di questa piccola località balneare della costa atlantica sembra concentrare tutti i sapori dell’esistenza. Quello del mistero innanzitutto, con un balletto incessante di coincidenze attorno alla silhouette inquietante di un uomo senza memoria. Quello dell’amicizia, quando, di ritorno sul luogo dell’infanzia, ritrova Julien, al tempo stesso alter ego e rivale. Il sapore dell’amore infine, quello che prova per Sylvie, la ragazzina sognata diventata giovane donna ideale, il cui fascino suscita un intenso bisogno di superamento di sé.
Una scrittura polifonica, che si dà per riverberi e costantemente in dissolvenza, con cui Pierre Jourde attraversa la bruma del ricordo; una densa atmosfera proustiana che ricorda anche, da vicino, i luoghi letterari del fantastico che fu di Nerval.
Lire: “Mentre trova un equilibrio ideale tra finzione e metafisica, Jourde si permette di strizzare l’occhio a Marcel Proust e alla sua ricerca del tempo ritrovato” Le Monde: “Il grande Pierre Jourde mostra il suo talento nel dipingere i sentimenti più eterei, in questo libro omaggio ai sortilegi della finzione”
Squisita Luisa
“Occorre parlare dei piedi di Luisa col rischio di offenderli? Tutto il libello corre questo rischio che non è possibile evitare. I lunghi piedi di Luisa sono i più fini che conosca. La cui crescita si è sviluppata indipendentemente da tutti gli elementi del suo corpo, dato che tutti gli elementi del suo corpo sono potuti crescere secondo modalità proprie, slegando l’ossatura, allungando la testa, allargando le anche, variando l’iride come varia il sole. Per dare notizie di Luisa, si può solamente dire che il suo naso prende forma e che le sue orecchie crescono stando in allerta per il minimo fruscio di foglia.” Questo romanzo poetico, che l’autore compone per la figlia Luisa, fa da eco a Marino il mio cuor, dedicato al primogenito (e già pubblicato da Prehistorica Editore). Si tratta di una cronaca libera e senza date, che Savitzkaya scrive prestando la voce alla nuova creatura – una voce meravigliosa e inedita –, da cui solo può nascere un mondo originale. In una lingua visionaria e sorvegliatissima, al tempo stesso densa e limpida, forte e delicata, questo romanzo poetico può essere letto come una favola, quella dell’infanzia. Savitzkaya dedica molta attenzione all’aspetto sensibile del mondo che accoglie Luisa, la sua principessa, senza mai rinunciare a quella magia che da sola basterebbe a ricordare le origini russe dell’autore.
Il grande scrittore del piccolo e della materia, in una favola della nominazione degna di Puskin.
La prosa poetica della paternità.
"Savitzkaya è uno scrittore magnifico, raro: la sua opera è una foresta, con la rude corteccia e il folletto" Le Monde
Rovorosa
Se Rovorosa - piccola grande scrittrice - non si premura di chiudere il lucchetto del suo taccuino segreto, lo fa proprio per non lasciarsi alle spalle tutto ciò che contiene. Stando a quanto crediamo di sapere, vi racconta la sua vita felice con Mangiaferro - il suo speciale papà - fino al giorno in cui, in seguito a circostanza che implicano un vicino di casa da una gamba sola, una strega, quattro cinciallegre e un pesce d'oro, questo romanzo non diventa il diario di una ricerca disperata.
L'alta antichità dell'infanzia, alla maniera di Chevillard
"Il Sole 24OreChevillard fa della letteratura l'arte della trasfigurazione"
The Times
Fila dritto, gira in tondo
Checché ne dicano le zie, non ho mai sostenuto la necessità di mettere in piazza i panni sporchi e i segreti di famiglia durante i funerali; semplicemente auspico un maggior rigore nel rievocare le persone scomparse.
Affetto dalla sindrome di Asperger – una forma di autismo –, l’uomo che qui si confessa ama la trasparenza, il gioco dello Scarabeo, la logica, gli incidenti aerei e Sophie Sylvestre, una compagna di liceo mai più rivista da trent’anni a questa parte. Fiero nemico del compromesso con cui di norma va a braccetto la socialità, soffre, ai funerali della nonna, nell’ascoltare l’officiante esagerare, quanto alle virtù della defunta. Parallelamente, sogna di vivere con Sophie Sylvestre un amore senza ombre né ipocrisie, e di scrivere un Trattato di criminologia domestica. Fortunatamente, ama anche la solitudine.
Con stile raffinato e sorvegliatissimo, e non senza una sottilissima ironia, l’autore ci pone di fronte alla questione fondamentale. Come si costruisce una vita? è una successione di fatti e avvenimenti tangibili o un tessuto di interpretazioni, di illusioni più o meno coscienti e di riletture abusive?
POSTFAZIONE PAZZESCA DI ÉRIC CHEVILLARD
Battling il tenebroso
Alcuni critici considerano come il capolavoro di Vialatte proprio questo romanzo di gioie, divertimenti e dispiaceri che ha per eroi un trio di adolescenti che sognano e anelano, in una piccola cittadina di provincia, attorno alla figura di una giovane scultrice tedesca, venuta a stabilirsi non lontano dalla scuola. Il giovane Battling in particolare perderà sé stesso, cercando di conquistarla.
Nulla più di un fatto di cronaca, si penserà; nulla di più sbagliato. Dato che nell’ambra di questo romanzo trovano la più alta espressione i sentimenti, gli itinerari chimerici e le smanie appartenenti all’adolescenza di ogni tempo, e sono rivisitate da un artista la cui prossimità all’abisso e l’intuizione della verità hanno reso allegri e melodiosi.
Un romanzo d'amicizia, d'amore, d'adolescenza.
Amélie NOTHOMB: "Vialatte è il grande maestro dell'incongruo, d'una bizzarria fenomenale"
LE MONDE: " Vialatte ha la precisione linguistica del cronista, dove però bizzarria e nostalgia si ritrovano"
André MALRAUX: "Si troverà qui lo stesso tipo di piacere dispensato dalla lettura di Nerval"
LE FIGARO: "Vialatte è inimitabile, e nel romanzo francese, a oggi, nessuno è arrivato oltre nel miscuglio razionale di sogno e realtà"
LIVRES HEBDO: "Vialatte è un antidoto, un'oasi, una golosità"
Argomentazione di Linès-Fellow
NON CERCATE QUI alcuna forma di letteratura: non è questa la mia intenzione. Io vorrei,secondo l’esempio dei saggi scientifici che sono solito leggere, stilare un resoconto oggettivo, se possibile, della performance di Mell Fellops. Gli equivoci che circondano la sua impresa – e solo quelli, contrariamente a ciò che dicono le malelingue – mi inducono a riportare oggi quell’evento così particolare che ha segnato la sua esistenza.
In questo modo sobrio e meticoloso, inizia il racconto delirante di un medico, Linès-Fellow, che ci riferisce dell’impresa compiuta dal suo paziente Mell Fellops. Segni particolari di Linès-Fellow: è cinico e manipolatore, giacché convincerà Mell a correre una maratona. Segni particolari di Mell Fellops: è costretto a vivere su una sedia a rotelle.
Una storia spiazzante e seducente. Il piacere sottile, ai limiti della perversione, della lettura.
Da uno dei discendenti più puri di Samuel Beckett, di cui ritroviamo tutto l’umorismo nero e l’immensa portata filosofica.
Il Tibet in tre semplici passi
A tre riprese, a cavallo degli anni Settanta e Ottanta, Pierre Jourde va a esplorare le piste di Zanskar, vallata desertica dell’Himalaya a oltre quattromila metri di altitudine. Il Tibet in tre semplici passi racconta proprio quei lunghi peripli sotto forma di stramba epopea, descrivendo i tormenti, lo stupore e quanto di ridicolo potesse appartiene a dei ragazzotti occidentali di banlieue abbandonati a una natura smisurata; sì, perché attraversare ghiacci perenni con l’equipaggiamento dell’escursionista della domenica presume un’evidente incoscienza, ma anche un’insospettabile tenacia.
Gestita con grande maestria, una narrazione giubilante screziata di metafisica e misticismo accompagnerà il lettore dentro un testo vertiginoso, in bilico tra romanzo di formazione e racconto di viaggi, non senza riuscire ricco di colpi di scena e altamente spiazzante. Ben lungi dalle ricette dell’esotismo fine a se stesso e dell’ingenuità a ispirazione realista, questo romanzo si prefigge di rendere sensibile il grande enigma del mondo e della bellezza.
Uno degli ultimi viaggi autentici, di un’epoca preglobale: senza rete. Una scrittura vivida alla Bouvier, ma che farà scoprire anche un altro aspetto intrinseco dell’avventura: l’umorismo.
Sine die: cronaca del confinamento
L’ho chiamato Lachesis. È un bel nome, trovo, per un ragno. Da qualche giorno, al fine di rompere il mio isolamento e non limitare le interazioni affettive ai tre membri della mia famiglia reclusi con me, ho iniziato ad addomesticarlo. Il suo filo di seta è l’ultimo legame che mi tiene attaccato al mondo […]. Mi capita di rimanere tutta la notte seduto in bagno a raccontargli la mia vita, a confidargli i miei tormenti, angosce, dispiaceri, ambizioni, non mostra mai alcun segno di impazienza lui.
Storicamente, in corrispondenza di eventi straordinariamente tragici, persino la più superficiale e cinica delle società torna a interrogarsi sulla necessità dei propri fondamenti, rivolgendosi ai grandi pensatori. Così è anche per il confinamento a oltranza, dettato dall’emergenza covid-19, che sta mettendo e metterà a durissima prova la tenuta della popolazione planetaria. Proprio in questo periodo, una Francia sconcertata ha guardato alle cronache quotidiane di Éric Chevillard – date alle stampe inizialmente presso "Le Monde" poi sul seguitissimo blog dell’autore.
Approfondendo il solco tracciato da Kafka e Beckett, con la sua penna affilata Chevillard sonda l’assurdità, la nausea, la noia, il dolore cieco di questi tempi nuovi. Prehistorica Editore presenta quindi per l’Italia –in anteprima mondiale– questa raccolta di cronache, quale doveroso e coraggioso tentativo di opporre una parola al silenzio.
Copertina tratta da un’illustrazione autografa di Franz Kafka.
Sul riccio
Il suo viso esprime ferma risolutezza. I suoi gesti sono brevi e precisi. La sua mano non trema. Eppure c’è in gioco la sua stessa vita in questa storia. È uno scrittore e, questa sera, si propone di scrivere la sua autobiografia. Sul tavolo si trova riunito tutto il materiale necessario, della carta, una matita, una gomma, un riccio.
Che non c'entra nulla qui, quest’ultimo, avete ragione voi. La cui presenza incongrua è persino un vero mistero. Ma l’effetto sorpresa svanisce presto. Spazio alla collera. Questo riccio è una calamità. Per quanto così dotato lui stesso per l’introspezione viziosa e il ripiego compulsivo su di sé, contraria e ostacola l’ambizioso progetto autobiografico dello scrittore.
Autentico libro dei libri, Sul riccio affronta così il tema spinoso per antonomasia, quello che soggiace a qualsivoglia opera letteraria: l’ossessione della pagina bianca, il famigerato blocco creativo.
Proprio sotto gli occhi increduli del lettore, lo scrittore e protagonista sfida apertamente la propria paura, di cui riuscirà a dirci per oltre duecento pagine.
Il romanzo che ispira: dedicato ai veri amanti della lettura, e a tutti gli aspiranti scrittori.
Paese perduto
“È un paese sperduto” si dice: non c’è espressione più giusta. Ci si arriva solo perdendosi. Nulla da fare, nulla da vedere. Sperduto sin dall’inizio forse, talmente sperduto prima ancora di esserlo stato che questa perdita è solo la forma della sua esistenza. Ed io, stupidamente, sin dall’origine, cerco di preservarlo. Volevo fosse se stesso, immobilizzato nella propria perfezione, e che ad ogni istante fosse possibile riempirsene.
Due fratelli, che abitano in città, possiedono in un cascinale isolato una casa di famiglia. Uno dei due ha appena ereditato da un cugino che viveva come un selvaggio nella propria fattoria. Al loro arrivo, vengono a sapere della morte di una ragazza del paese. Gli ossequi hanno luogo l’indomani, con le esequie.
Come nelle antiche tragedie, l’azione si svolge nell’arco di due giornate invernali, nel cuore di montagne deserte. Gli dei che la reggono sono al tempo stesso grotteschi e terrificanti. Si chiamano Alcol, Inverno, Merda, Solitudine. Questi non impediscono, però, che i loro sudditi diano prova di vera grandezza.
Ciò che viene seppellito, in questo romanzo di impronta autobiografica, sono gli ultimi contadini. E anche la bellezza, di cui non si riesce mai a elaborare il lutto.
Tra la vita e la morte, il vissuto e la mancanza, il ricordo e l’oblio.
Marino il mio cuor
La prima volta che lo vidi, Marino non aveva ancora respirato, era pallido e livido come dopo uno sforzo sovrumano, un grosso spavento o un dispiacere. Mi dissero che aveva risolutamente, per aprirsi un varco verso la luce, rifiutato di guardare per terra, che, risolutamente, aveva rovesciato la testa in direzione della luce stessa, verso il cielo.
In questa cronaca libera e senza date, che l’autore compone in occasione della nascita del primogenito Marino, tutto succede per la prima volta.
L’autore riesce ad abbandonare il punto di vista dell’adulto e del padre, per sposare quello di un osservatore terzo. Presta quindi un linguaggio inedito e meraviglioso a Marino, che inizia a scoprire il mondo; un mondo nuovo, profondamente cambiato, che si appresta ad accogliere Marino.
Il grande scrittore del piccolo e della materia, in una favola della nominazione degna di Puskin

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1 Giugno

#1597
7 Giugno

ERIC CHEVILLARD AL SALONE DEL LIBRO
