Personalmente diffido dei testi che ci promettono di ritrovare quella calma consolatoria, l’antica tranquillità perduta insieme all’infanzia – quando guarda caso non sapevamo leggere.

Du fait du froid, les pigeons se figent sur les cheminées mi-éteintes, alors que prend vit – de l’autre coté de la rue – la maison des Raffins, monstrueuse cathédrale gothique.

I pianeti si dribblano gli uni gli altri da un tempo ancestrale, da prima che finissi il secondo anno di superiori – quando mi serviva una buona scusa per schivare Dio, la domenica mattina. (“domenica 8 gennaio 2023”: punk version)

I pianeti si dribblano gli uni gli altri da un tempo ancestrale, addirittura da prima che finissi il secondo anno delle superiori – quando mi serviva trovare una buona scusa, per schivare la messa.

Ripongo la mia fiducia negli occhiali, sul comodino. (Speriamo di riuscire a dormire, stanotte.)

Or il se trouve que je trouve de moins en moins le temps pour me traduire sur ce blog.

L’ombre qui te poursuit de loin au petit matin puis raccourcit la distance jusqu’à fondre sur tes pas pour en arriver à te depasser, à trois heures de l’après-midi, te le rappelle toujours tel un cadran solaire: tu es en retard.

Il calamaro fritto, che ha perso il dono dell’inchiostro, ha ancora una carta da giocarsi per farsi beffe dei predatori: il trompe l’œil del buco. Senza contare che, in extrema ratio, sa essere proprio indigesto.

Le impronte terminavano incredibilmente sul bagnasciuga, il tacco rivolto verso il mare…

Non per fare il saccente, tantomeno il blasfemo, ma credo giusto chiudere l’anno con una rivelazione dettatami dall’amore per la verità e per la scienza che, lungi dal costituire un mero mezzo, potrebbe indurre a rileggere il passato e, di conseguenza, indicare la via da seguire. Ebbene sì, l’avrete capito ormai, al tasto dolente, è lì che volevo arrivare: quando Mosè compì la sua leggendaria impresa, il mare era un olio.

La dermatite prova la mia (r)esistenza rispetto al mondo. È fisica del resto: tutta questione di attriti.

Or si le temps n’était qu’une convention, tu n’aurais qu’à demander à tes connaissances la gentillesse de ne jamais te souhaiter un bon anniversaire.

La vraie imagination n’est possible que le dos au mur – puis tête-bêche, un crayon dans la main, face à une feuille blanche énorme justement.

Basta immaginare un tamburo, con 365 colpi, e una sola pallottola: carpe diem.

La pubblicità, per riuscire davvero, deve intercettare un bisogno o produrlo, per suggestione? – pensavo stanotte, mentre mi contorcevo di fronte alla tv, guardando la réclame del malox.

J’écris pas pour faire de l’exercice (avant le grand repas justement).

L’ordinateur, ça sert à ordonner. Il reste à définir, une fois pour toute, l’usage de la plume. Vous en conviendrez, là-bas…

Eppure la gente sembra ignorarlo. Gli auguri, beh, presumono un tot di capre sventrate!

Or, pour se renseigner Berger huma la rose des vents – nous dit Vialatte. C’est peut-être comme ça que perdit-il le sens de l’orientation.

Sarà il polonio, stavolta, a evitarci la terza guerra mondiale? (Non si dica che questi frammenti sono privi di azione, o di suspense!)

Spara, spara e spara: questo l’OBiCe della stabilità, secondo la ricetta di Putin l’analfabeta.

È una lingua oscena – che mi solletica l’orecchio incessantemente – quella del telefono.

Et moi qui déteste y prendre part, le grand repu de famille!

Giulia accende l’albero di Natale, che resterebbe di quel verde spento senza speranza, non fosse per la sua magia.

Solo il visionario – che non avrebbe* bisogno del vino per le sue rivelazioni – ha lo sguardo davvero lucido.

Questa la mia ricetta per sopravvivere: stufare la noia.

Noircir le brouillard, et s’approcher de la foire du livre de Rome, voici l’unique question. (quoique d’une voiture blanche.)

L’important, me répétais-je pour retenir mes larmes, c’est que le but ne me manque jamais… (pour une fois que je ne songeais à la coupe du monde de foot!)

Au hasard, je tâtonne, pour chercher ma canne, obliée quelque part, dans les hautes herbes, du berge.

Il pusillanime penserà a me, fintanto – sì, è un gerundio! – che non gli farò gli auguri.

Per una volta capisco lo sdegno dei vegani, guardando un pezzo di carne di vitello ostentatamente stravaccato in una vaschetta idromassaggio (con bolle solide in evidenza! ostentazione nell’ostentazione!) di polistirolo… Ah! Che spocchia! le nuove generazioni!

Il lui faut bien son véritable Sancio Panza, à Cervantes, pour qu’on le distingue de l’imposteur Pierre Ménard. (Sans doute Éric aura-t-il compris pourquoi je ne me souciais que de manger, pendant sa tournée italienne, entre une présentation de Santo cielo et l’autre.)

Si en Italie fêtons encore l’expérience, jubilante par ailleurs, de Éric Chevillard? Encore et encore!

Pure conscience, l’écrivain ne reprend ses esprits épars qu’en noircissant des blancs. Coucou!

C’era una volta Éric Chevillard in tournée…(sembra già una favola)

[Domani esce il Santo cielo dell’immenso Éric Chevillard, il romanzo più sagace e ironico dell’anno – nella celestiale traduzione di Gianmaria Finardi. Ahah!]